ECONOMIA CIRCOLARE
L’economia circolare è un termine per definire un’economia pensata per potersi rigenerare da sola. In una economia circolare i flussi di materiali sono di due tipi: quelli biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera e quelli tecnici, destinati ad essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera. Un modello che vede il riutilizzo costante delle materie senza prodotti di scarto. E' un concetto di economia in contrapposizione con l’attuale “economia lineare”, dove gli elementi non utilizzabili dei cosiddetti beni di consumo, come anche contenitori e imballaggi, scarti e avanzi vari, vengono ogni giorno buttati via rendendo necessaria la realizzazione di strutture di smaltimento come discariche e termoincerenitori, spesso a rischio sia per la salute di umani e territorio, che per l’ingerenza delle mafie nella gestione degli stessi. Stando agli ultimi dati Ue disponibili, ogni anno un cittadino europeo consuma 16 tonnellate di materiali. E sei di queste diventano rifiuti.
I primi prodotti che verranno spiazzati e messi al bando da questa strategia saranno tutti gli “usa e getta”, oltre a quelli progettati con “l’obsolescenza programmata” come elettrodomestici, automobili e prodotti tecnologici che saranno sostituiti da prodotti duraturi o comunque riciclabili. Nel prossimo futuro potremmo così avere a che fare solo con due categorie di beni: quelli che sono completamente biodegradabili e quelli programmati per essere riutilizzati o riciclati all’infinito.
L’economista e imprenditore Gunter Pauli, profeta della “Blue Economy”, afferma a proposito: “In natura non esistono disoccupati e neppure rifiuti. Tutti svolgono un compito e gli scarti degli uni, diventano materia prima per altri, un sistema a cascata in cui niente viene sprecato”. Riuscire a raggiungere l’obiettivo “rifiuti zero” è meno utopistico di quanto sembri. Si tratta di un obiettivo che fa parte di un progetto “in cima alla lista”, tra quelli che l’Unione Europea intende raggiungere nei prossimi anni, grazie a una “economia circolare” che sia in grado di chiudere il cerchio tra il mondo della produzione e quello del consumo, eliminando pressoché completamente i rifiuti e gli scarti. Uno degli approcci cui si ricorre sempre più in tutto il mondo e che si dimostra particolarmente idoneo a chiudere il ciclo rifiuti/risorse è quello dell’EPR che sta per Extended Producer Responsibility. Alla base dell’Epr c’è il principio che “chi inquina paga”, un pilastro della politica ambientale della Ue. L’EPR è largamente utilizzata nelle politiche sui rifiuti di imballaggio (direttiva 1994). Conseguenza diretta di questo approccio normativo sono i “sistemi collettivi” (o compliance scheme): un sistema attraverso il quale le imprese di un determinato comparto si associano e affrontano in maniera congiunta tutti gli obblighi relativi alla gestione dei rifiuti. Sistemi collettivi esistono per il recupero degli oli minerali, dei Raee o dei rifiuti da imballaggio. Oggi queste forme di organizzazione tra imprese si stanno imponendo come driver per l’economia circolare perché stanno sviluppando nuove soluzioni industriali generando vantaggi economici ed occupazionali. Di fatto, stanno dando vita ad una nuova economia dei rifiuti.